Notabilia

  1. San Tommaso d'Aquino,"Summa theologiae", Parte I, questione XXV, art.4, "Se Dio possa fare in modo che le cose accadute non siano state." (XIII sec.)

    Sotto l'onnipotenza divina non cade alcuna cosa che implichi una contraddizione. Imperocche` come implica contraddizione il dire che Socrate siede e non siede, cosi` implica contraddizione il dire che abbia seduto e che non abbia seduto. Il dire infatti che egli abbia seduto e` dire cio` che e` stato, il dire che non ha seduto e` dire cio` che non e` stato. Quindi che le cose passate non siano accadute non soggiace alla divina potenza. E questo e` cio` che afferma Agostino, nel trattato contro Fausto: chiunque dice "Se Dio e` onnipotente faccia si` che quelle cose che furono fatte non siano state fatte" non si accorge che viene a dire cosi` "Se Dio e` onnipotente faccia in modo che quelle cose le quali sono vere, per cio` stesso che sono vere siano false". E il Filosofo dice, nel sesto libro dell'Etica: "Di questo solo e` privato Dio, di fare ingenerate le cose che furono fatte".

  2. Keplero, dopo la "scoperta" delle celesti armonie (XVII sec.)

    The thing which dawned on me twenty-five years ago before I had yet discovered the five perfect bodies between the heavenly orbits; which sixteen years ago I proclaimed as the ultimate aim of all research; which caused me to devote the best years of my life to astronomical studies, to join Tycho Brahe and to choose Prague as my residence - that I have, with the aid of God, who set my enthusiasm on fire and stirred in me an irrepressible desire who kept my life and intelligence alert - that I have now at long last brought to light. Having perceived the first glimmer of dawn eighteen months ago, the light of day three months ago, but only a few days ago the plain sun of a most wonderful vision - nothing shall now hold me back. Yes, I give myself up to holy raving. If you forgive me, I shall rejoice. If you are angry, I shall bear it. Behold, I have cast the dice, and I am writing a book either for my contemporaries, or for posterity. It is all the same to me. It may wait a hundred years for a reader, since God has also waited six thousand years for a witness.

  3. Galileo Galilei (XVII sec.)

    La filosofia sta scritta in questo grandissimo libro, che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), ma non si puo` intendere, se prima non si impara a intendere la lingua, e conoscere i caratteri ne' quali e` scritto. Egli e` scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezzi e` impossibile intendere umanamente parola; senza questi e` un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.

  4. Laplace (XVIII sec.)

    Un'Intelligenza che, ad un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui e` animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di piu` fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati all'analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei piu` grandi corpi dell'universo e dell'atomo piu` leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.

  5. Italo Calvino, Il cavaliere inesistente (1959)

    Lo scorse sotto un pino, seduto per terra, che disponeva le piccole pigne cadute al suolo secondo un disegno regolare, un triangolo isoscele. A quell'ora dell'alba, Agilulfo aveva sempre bisogno d'applicarsi ad un esercizio d' esattezza: contare oggetti, ordinarli in figure geometriche, risolvere problemi d'aritmetica. E' l'ora in cui le cose perdono la consistenza d'ombra che le ha accompagnate nella notte e riacquistano poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto, appena sfiorate e quasi alonate dalla luce: l'ora in cui meno si e' sicuri dell'esistenza del mondo. Agilulfo, lui, aveva sempre bisogno di sentirsi di fronte le cose come un muro massiccio al quale contrapporre la tensione della sua volonta', e solo cosi' riusciva a mantenere una sicura coscienza di se'. Se invece il mondo intorno sfumava nell'incerto, nell'ambiguo, anch'egli si sentiva annegare in questa morbida penombra, non riusciva piu' a fare affiorare dal vuoto un pensiero distinto, uno scatto di decisione, un puntiglio. Stava male: erano quelli i momenti in cui si sentiva venir meno; alle volte solo a costo d'uno sforzo estremo riusciva a non dissolversi. Allora si metteva a contare: foglie, pietre, lance, pigne, qualsiasi cosa avesse d'avanti. O a metterle in fila, a ordinarle in quadrati e piramidi. L'applicarsi a queste esatte occupazioni gli permetteva di vincere il malessere, d'assorbire la scontentezza, l'inquietudine e il marasma, e di riprendere la lucidita' e la compostezza abituali.


Michele Simionato